sabato 15 marzo 2014

Motion and e-motion

Le microscopiche fatine
si divertivano
a manipolare gli spazi
come accademiche contorsioniste
e a dire il vero
provavano spesso piacere
a negare
anche una misera dose-test
ai cani affranti
carenti di cefalo-liquor
germogliati male
negli spazi sub-aracnoidei
dello stigma sociale
e delle molecole obsolete.

Dai forami ingialliti poi
fuoriescono
arborizzazioni di noie
come candelabri ebraici

mi riferisco ovviamente
ai nervi intesi
e al compagno Ciprotti
andato via
a rintanarsi
nelle trabecole carnee
per intagliare nomi di attrici
nelle pieghe emotive
dei colli caldi
di Betsy.

E tu
estraneo a certe direttive genetiche di disfantasia
mi dedicherai
un vivace portrait
e sarò
il cotone che si schiude
la bambagia soffice
delle piantagioni della Louisiana
sotto il tiepido sole di maggio
non preferirai guaire
in posizione fetale
per tenere lontani gli sciacalli
da certi possedimenti interni
dagli effetti collaterali
dell'inchiostro di more.

C'è sempre posto
per il pulviscolo
nelle selfie-ingiurie
e brividi a cascata
quando sotto il neon
di bagni poco amati
fissandomi le braccia
scambio troppo spesso
la pelle
e se non è psoriasi
sono vecchie cicatrici
di morsi
di ratti.

Io sono
errore di campionamento
e in piena gestazione
getterò le basi biologiche
per condannare mio figlio
alle anfetamine legali,
mi abbandonerò
alle dissacrazioni
sulle democrazie ateniesi
per soffocare anche gli ultimi
esemplari di felicità,
stopperò la musica in testa
e comincerò ad abbaiare ai negri
con sindromi di confidenza.

Andavo a passo sostenuto
su planimetrie spente
per dimenticarmi che
sa adescare bene
il mio sonno
il tuo petto

dammi qualche era ancora
per aleggiare
nei tuguri emotivi
nelle spiaggette arancioni
dei celenterati pensierosi
a bassa quota
cicco
nelle caverne amarissime
di una Florida
spoglia di palme

avevo china
per le fantasie meno abbienti
e bilanci di salute tenue
The Monkey is gone.




Guardo indietro
per cercare
la bambolina utopica
che avrei
dovuto
essere.

A Chiara

Cresceranno
nuovamente
i capelli.

Ma non sarà più
lo stesso
torpore incognito
di uno spensierato risveglio.

Sono rizzoli
che invocano
la cenere
di quel dissetante petrolio
che splende di oltremai.

E trasformi i tuoi relitti
di neri riflessi
nelle languide creste
di dorate e indiscrete
interrotte
distese.

domenica 9 marzo 2014

Gozzilla ci cercava

Era blu
l'attrito dei davanzali  inermi
trattenevano il calore
senza risentite dispersioni
ignoravamo il senso
giocolavamo col tempo
fra tazze di caffè etiope
e giacche di pseudovelluto.

Gozzila ci cercava
nelle scuole
scampate
appena
ai terremoti
nei colossali grigi
impianti di silenzio
ti infarinerai
meglio le idee
un giorno
mi ripetevo.

Suppurative carezze
e intermittenza
e vino di lillà
mi ricordavano che
sedimentate incertezze
involvono
in alienazioni pallide.

Ho sempre sognato
di arrivare
in quel vicolo
al confine del quartiere,
all'angolo
la piccola cartoleria
e un vecchio gentile
sempre prossimo all'orario di chiusura
per i pochi fogli colorati
e i fumetti di generazione passate
mi faceva credito
o meglio
non faceva caso ai pochi centesimi
che mancavano sempre.
E fra le sponde del vicolo
cercavo l'angolo da svoltare
non osavo mai chiedere ai palazzi
perchè fossero semplici cornici
e dove sconfinassero gli orizzonti.
Valanghe
valanghe
valanghe
nei condotti giganti
del colpevole divenire
cavalcavamo l'esistenza
nella passività delle montagne russe.

Il quadro

Le interazioni sempre più
flemmatiche
un nuovo ordine
da immagazzinare
ogni ora
dai capi della fonazione
fino all'antimemoria
estrema confusione
di insipide idee.
Il male è
coltivare insieme la noia
e guardare al passato
con gioia.

Immaginavo di dormire con te
in baite
il Trentino ci assecondava
i bisogni assopiti
ci invidiavano
gli inesistenti sintomi da astinenza
e sul letto ci sentivamo
sospesi
come quegli orizzonti a noi estranei
le montagne impallidivano
fino al punto di fuga.

Le bancarelle di alluminio
sapevano cantare
meglio di chiunque altro
la morte di quei pesci
incorniciati di alghe
e limone di stagione
erano alghe
ed erano felpate
ed erano gioie che volevo scritturare
non so mai se per me
non so mai se per me.

Let me sleep

Rivesti male
il ruolo di palliativo
non sono i crampi che mi preoccupanp
e neanche gli indiani
coi bonghi
in un fuoco ancestrale
nel mio cervello.
Delle responsabilità
me ne fregava a giorni alterni
e anche delle civetterie
sempre più raramente
del suono d'altri.

Ingessavamo il cuore
nella seconda metà del giorno
e non avevamo condizioni d'uso
se non per noi stessi
qualche fiato immobile
per ricordarmi che è irreale
Evanescenze scolpite da ultranoia

Come sentirsi
alti e sottili
nelle primavere pallide.

Ad opera di chi
avverrà
il re-uptake dell'entusiasmo?

E le suore erano di certo
estranee
alle svisioni sulle atmosfere marziane
dei poster
ma nelle loro stanzette scognite
le rincuorava Belzebù
dalle 23 in poi.

Le buche nell'asfalto
sanno vendermi coraggio.

Amilus

Mi spiazza
ricordare quant'è semplice
prostituire la pelle
e mi inibisce il vuoto
e il non poter gemere in me.
Quando i martelli me lo ordinarono
lo sotterrai.
Brandelli sani di vite a metà
e non lo accarezzi mai
questo cervello piccolo.

Vieni, è pronto

Sono a un passo
dal contatto con le pertubazioni d'aria
squilla
per dichiararsi onda di pressione
fai attenzione
a non farti imprecare il fegato
non c'è colazione di domani
e non c'è mangime che basti
solo scervellotici
e sclerati
a tratti malinconici
a tratti benestanti
spenti come impone
la cromaticità di troppo
ingenui dal culo in avanti
dirò perle dei tuoi starnuti
e dei pensieri semplici
e delle case sulle rupi
e dello strapiombo del cuore
nei giocondi addii.

Soli
che illuminate distesi
l'ennesima deriva,
ho grazia
per i miei fantasmi.
Vorrò crepare di nuovo
e patire la sete
e non filtrare i suoni
per costruirci su templi
per scontare
cuciture
d'altri.

Come al principio


Come al principio
sequoie ho nel ventre
e nessun fremito nel dar loro la luce.

Cascate in potenza
si cristallizzano in generosi rigurgiti
salme veneree
che vestiamo nell'inverno dei cuori.
Ti lasci lucidare
in questa notte a lunga conservazione.

Sono sempre in garanzia
per le aspettative deboli.

scalini

Dammi un frenulo perfetto
per il mio labbro superiore
che mi renda un sorriso mutilante

Alla finestra
solo gemere in latente la minore
neurastenia vivace
di sistemi incompetenti

Caro eroe di generalità
guardiano delle vulve
saturo di spasmi
ti conservi vigile nella stagnola.

Aula 3x3

Al singolo
la discrezione di modulare
le pause
ognuno ancheggia
in conformità al suo spirito
ma non è vero
sono viaggi interneuronali
è solo la cazzo di elettricità!
E' tutto vivo
ma in un modo diverso..
Beh, tu ad esempio
hai nei che sembrano
bottoncini di comando
e un collo da joystick.

Soliloquio

Tutto si sfalda e squaglia
non sento di appartenere

I ragazzi narcisi
credono di poter guidare da soli
le mongolfiere,
soffriremo tutti
di artrosi precoce,
non esistono secondi me
con cui conversare.
Passa il tempo
e la notte sta ad invogliare le vene
e i magici assoni
dove viaggiano messaggi d'autore.

E al buio
antipasto di spasmi notturni della coscienza
fra le lenzuola unica me
dico ad alta voce
tieni
e penso alla mia fica.

La saggezza si misura
dalle vene in evidenza
incisioni e dossi non complementari
sono al sicuro qui
nell'emisfero più elastico
dove si articolano
nozioni di non estetica
capita di conversare con se stessi
e miriadi di sigarette
tossiscono le tende
ordine amareggiato
di venti ammutoliti.

Players

Attenuanti come carezze
la mia terra è in bilico
non ci ritroveremo ad adorare
carcasse
quest'inverno
non coltiverò crepe
e traumi alle valvole
e tu
tu avevi riflessi pronti
persino per quella tua guerra.
Siamo bauli straripanti di sopravvivenze
miste
e un po' rifritte
quant'altro possiamo contenere?
Rivedo il cerchio azzurro
delle circostanze cosmiche
sospirare
e mento
finchè mi riesce
d'esser piuma.

Trippomania

Che cretini
quelli lì
si distraggono
in certezze d'autunno
abbigliati male
del velluto
di anti-amori.

Conservare emozioni
troppo a lungo,
dimenticare che esistono.

Distratti
in una nebbia di ultrasuoni
Madonne in technicolor
multiforme mantello di attese
trasfigurazioni per niente modeste
e l'arancione delle maree celesti
proietta l'ombra di chimere
su candidi
elettrostatici
megaliti.

Il cassetto

Il cassetto più esposto
sta all'altezza del petto
rivesto le mani
con guanti di acqua corrente
alla riscoperta del tatto
quest'acqua esiste
e scorre
e passa attraverso
e impreca
questo fluire che sa di alba
e avvolge le antitesi dell'emicrania
questo battere a intervalli
questo ritmo scomposto dell'esistenza
questo digiuno muto
delle mie circostanze
che mi inchioda fra pareti di pelle
e fiato in catene
in fondo
non ho più voglia di ascoltare
certe trasposizioni di voci interne
che imprecano armonia
perchè
hai sfiorato
qualche tasto
lì dentro
da qualche parte
ma non ricordo più
come faceva.
E adesso che mi svuotato di senso
non avremo più le verdi candele
adi impallidirci gli aliti
e anche gli orgasmi a cavallo
che sono quelli che hai sempre voluto
anche se
nel ruolo dell'amico fidato
ci si doveva sentire
inutili pali di piacere.

Ci siamo troppo inquinati
per rifletterci in questo verde
che non hai mai saputo guardare
solo il tuo blu
solo il tuo blu
coglione
ti avrebbero reso il viola.

Gli anni più belli sono sempre
quelli che ho vissuto prima
e che nemmeno ricordo.
Il futuro, davvero, non esiste.
E fidati
la cura estrema
l'ultima spiaggia del piacere
sta nella sovversione
Rubare e uccidere.

Recupereremo i dispetti perduti
dell'infanzia emarginante
quando gli oggetti acquisivano forma
e i materiali composti
di distinguevano
e lui profumava sempre di colori a cera
non ci curavamo delle unghia
sporche di blu
e di certi baffi di spirito nero
e certi fiori rossi e rosa
che sembrano inventati
a contemplare polline
annoiato ad inseminarsi,
i doppi cavalli a dondolo
erano azzurri
ma c'era chi faceva la fila
i più belli
rosso natale.

Ricucio la storia del verme
che si insediò fra i denti
e sterminarli tutti avrebbe voluto
e io l'ho depennato dalla lista dei miei sorrisi
in cambio di candore a impronte
che ne sapevo
che torture di anni
di ossa mal posizionate
contavano notti scomode
e anche raccucciarsi fra la carne
era sognare
delle notti in cui tutte avevano
culi incantati
a 13 anni
non ancora compiuti
e non ho mai più dormito con
foto
sotto il letto.

Ma che ne sai

Ottobre

Stiamo qui
a fermentare
è solo un prezioso mangime
ci ingozzeremo di gioie economiche
abbiamo domande
per tutte le risposte del mondo

sospendo ogni ricerca
in un etereo divenire se stessi
ci contempliamo
mentre immaginiamo il mondo
genuino contaminarsi
di plastiche verità.

Anche da noi piove

Ci sono occhi
che non hanno più nulla
da chiedere.
Lo appunterò nella tasca dei
non me ne frega un cazzo.
Mettimi ancora in congiunzione
con le terre serpeggianti
dei tuoi echi,
li sento modulare
sinfonie di appartenze.

E troveremo conferme
ai tuoi instancabili cuori
che non sanno di niente
e non sanno niente
di quello accade
dentro certi schermi incolori
costretti a trasmettere
riflessi di bisogni
per pochi sguardi di invincibile
gioia
che concedono
di vederti sfrecciare
vivo
fra le custodite mine
di certe labirintiche menti
fatte di siepi di abbracci mancati
e di marce carezze
e di intrecci di fiabe inutili
che inventano la speranza
di vedermi sbocciare ancora
dagli specchietti retrovisori
di certe tue ossa.

Sgranocchiamoci un altro po'
dai
e non chiediamo il perché.

Respiri acidificati
da pensieri agglutinati
come quel familiare
sbattere
e poi
scorrere.
Sarà un difetto di programmazione
ma
in queste lenzuola
sporche di te
dove sussultano
gioie economiche
mi piaceva estraniarmi
nell'abisso del canto dei tuoi forse
maree di guance incerte
ed io che credevo fosse il soffitto
a fissare noi.

28.08.13

Delle notti maledico
la forza
che di tanto in tanto perdo
in questo girotondo idiota
intorno a te.

Mi illudo di averti vicino
ma tu occupi sempre uno
dei due fuochi:
inganno di traiettorie
dalle linee tratteggiate
giustificata punizione
per ellittiche danze
di un satellite sempre prossimo
all'abbraccio
che rivendica il disincanto
della mancata fusione.

Vorrei sempre essere spedita
non rallentare a tratti
in quest'incalzante orbita
in cui mi dimeno
per alleggerirti del grave peso
del sentire estremo.

Amarti
è per me distrarti
dal grigio dell'esistenza
che così bene conosco
e che colorando per te
si maschera
come.

Prendo infine le distanze
dal pianeta inerme
prendo la rincorsa
in un ultimo grande sforzo
nel colossale tentativo
di spostare il mondo,
ma non saprò mai,
se al principio
di questa audace spinta
v'era la smania
di vederlo ruotare intorno a te
o lo scatto superbo
di scagliartelo contro.

Mi sveglio prima.

Dicotomie

Il male vive del suo senso
e come dargli torto
il bene si perpetua
imbellettandosi di surrealtà
mi chiedo da cosa sia meglio
lasciarsi annientare
è un incessante risveglio
dove l'uno sopraggiunge
per vanificare l'altro
ma non ricordo mai l'inizio
l'inizio dell'allucinazione
e faccio slalom fra i perché
li schivo come fossero
tritacarne di sogni
troppo severi
per avere coscienza del nulla.

Non abbastanza

Vorrei fottutamente poetare
per coltivare il male
è un'erba spontanea
che cresce anche dove non c'è il sole.
Sei il parassita delle tue emozioni
ti sconvolgi
a trucidare stati d'animo
che implorano di esistere

avremo la volontà di decidere
se morire
per apoptosi o necrosi

non sei uno sciroppo
calmante
di te stessa.

Provence

Per te che in estate scoperchi
conserve di sorrisi d'intesa
per genti straniere
che non sapranno mai pronunciare
il tuo nome.
E' buffo smontare il cosmopolitismo
sapendo
che i miei suoni incomprensibili di oggi
valgono le tue bollette di domani.

Il mio cicerone
ci guida
conserva ancora lo stupore
un mostro preistorico
e campi di lavanda
E' un fischiettare giocondo
guarda guarda

Fra le fronde starnazzano
scemi urlanti
Power Rangers in muta di luglio
a perdere acqua
a guadagnare sole
biciclette mai spente
annaspano in salite arieggiate
e lei spesso si trova
calpestata
fra massi di un antico mondo ocra
viveva solo d'aria
per quattro giorni o poco più
Tornanti sviscerano
le mie sicurezze visive
ogni curva svela
un angolo di paradiso.

Una pioggia fuori posto
che ha perso la strada
a immortalare vecchi
dinnanzi a dimore di altri tempi
rapaci di Francia in picchiata
aureole di mosche regali
attingono a distese di carta gialla,
origliano e mormorano
tutte allo stesso modo
le cicale
in ogni spicchio di universo.

Qui la gente lavora
non può permettersi di lavare
tovaglie macchiate dal sangue di ciliegie,
questi tetti hanno il colore di nidi
per tutti i gabbiani dispersi
e mappe di muschi gialli
luna-park di insetti
che riposano
alla foce del vento.

Mentre aironi si abbeverano
presso le saline
risaie filtrano acque paludose
Terra, che riservi
melma splendida
per i miei occhi curiosi
celi musica d'asfalto
offri pani pallidi
per palati troppo affamati
la triste storia di una dolceria
che vendeva scatole di biscotti
ma non biscotti.

Dall'Africa alla Camargue
investono riserve di plancton
in un gioco di coordinate
aperture alari
lungo un viaggio intercontinentale
alla ricerca di un sole migliore,
nella splendente residenza estiva
rifrigerano le lunghe
zampe rosa
nella calorosa attesa
di un meritato pasto
questi fenicotteri dai colli sinuosi
e dal gracidare immondo.

Vanti antiche cinte murarie
scorciate dall'acqua
ciondoliamo annoiati
lungo assolate planimetrie papali
diventiamo sovversari falsari
debellando accuratamente
le nostre tracce.
La città di forti venti custodisce
il fantasioso ponte della nostra infanzia
e lì
mentre tutti ostentano il pudore
sarà che di anno in anno
perde un po' più il senno
ci prendi per mano
e cominciamo a danzare.


Libidibodibislurp

Ho investito libidicamente
su di te
Modello il tuo viso
come scultura
malleabili sorrisi
plasmano
l'insofferenza
della tua ragione.

Venerdì sera

Il vento scoscia cancelli d'autore

Tacchi incauti s'addentrano
in cortili cinguettanti
all'alba di un attempato giorno
che asseconda un imperterrito sole.

Sabbie mobili sotto il cuscino

Vortici complottano
contro il muro del sonno

Mi addormento e ricomincio
a vivere
nel mondo più vero